Il dizionario definisce il verbo contare come: “applicare un numero progressivo a cose o enti al fine di conoscere il totale”. Di estrema utilità nella vita quotidiana, il contare nasce proprio per assolvere necessità pratiche e ha origine in epoca preistorica.
Le prime testimonianze di conteggio risalgono ad un periodo compreso tra 20 mila e 30 mila anni a.C., e sono costituite da ossa recanti tacche, utilizzate secondo il principio della corrispondenze uno-a-uno tra tacca e oggetto da contare (è molto probabile che queste ossa, rinvenute in diverse parti d’Europa e in Africa, annotassero la durata del ciclo lunare).
La notazione numerica uno-a-uno è efficace per quantità piccole, ma con numerosità molto grandi la scrittura e la lettura risultano difficili: è per questo motivo che in epoche successive diversi popoli (come Egizi, Romani, Arabi) introdussero simboli che rappresentavano determinate quantità.
Molto prima di annotare i numeri, l’uomo li esprimeva verbalmente; tuttavia, per quantità maggiori di poche unità, necessitava di uno strumento per tenere la contabilità. Lo strumento più immediato era il corpo umano, prima di tutto le mani. Contare sulle dita delle mani permetteva di arrivare fino a dieci, contare sulle dita delle mani e dei piedi permetteva di arrivare a venti.
Alcune popolazioni indigene della Papua Nuova Guinea tutt’oggi hanno sistemi di conteggio che si servono di molte altre parti del corpo. Non avendo vocaboli propriamente numerici, questi popoli contano indicando e nominando dita, polsi, gomiti, anche, spalle, occhi, orecchi, ecc., secondo un ordine ben preciso. Ad esempio l’espressione “spalla destra”, per il popolo delle isole Murray indica il numero 8; per gli Yupno il numero 30 è rappresentato dall’ombelico.
(matteo moras - studente del master 2008)